La pioggia cade ogni anno sulle colline delle Langhe: a volte trova terra dura, spaccata, e riesce a insinuarsi soltanto nelle fessure; poi scorre a valle, a gonfiare i corsi d’acqua, acqua che torna all’acqua. Altre volte incontra terra morbida e l’incontro è più facile, dura di più. Ma l’acqua è fatta per scorrere, la gravità l’attira, deve sempre tornare alla pianura.
La grandine spacca, rompe i filari e stacca gli acini gonfi di blu, proprio nel tempo che precede la raccolta; la grandine è veleno.
Poi c’è la neve, da tempo quasi assente, rara, avara più che parsimoniosa.
E’ neve d’altri tempi quella scesa in questo finale di novembre, sulle langhe. E’ neve “manna”, le neve giusta al momento giusto. Più che mai “coltre”, manda in letargo la vigna proprio quando deve riposare.
La neve nutre le colline con lentezza; neve come spugna morbidamente strizzata dal respiro della terra: a ogni sospiro manto di neve e terra si incontrano, scambiandosi acqua, “pane” per la vite, vita per la terra.
Ora le vigne riposano, protette da quel mantello bianco, e dopo anni di indigestioni improvvise di acqua tornano ad alimentarsi con regolarità costante; l’acqua scende nella terra con misura, porta linfa ad ogni arteria, ritempra l’organismo.
A marzo si vedranno i risultati, il risveglio dal letargo porterà ancora primavera, la freschezza della neve tornerà nel verde delle prime foglie, e poi tutto ricomincerà: “potare” ,“legare”, “scarzolare”, ancora “legare”, “aspettare” che il sole faccia il suo corso, “pregare” le nuvole viola di lampi e grandine di stare lontane.
Bellissima foto.
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